I titolari di partita iva vivono giugno e novembre con il peso delle tasse. Questi mesi infatti sono dedicati al pagamento delle imposte sui redditi e dei contributi previdenziali legati alla dichiarazione dei redditi. Questo perché, a differenza dei lavoratori dipendenti, i titolari di partita iva devono pagare in autonomia le proprie tasse. Ma come funziona il meccanismo delle tasse con saldo e acconto? Quali sono i calcoli alla base del conteggio dell’importo da versare tramite modulo F24? Scopriamolo insieme!
Saldo e acconto: cosa significano
- Saldo: è l’importo dovuto per l’anno fiscale appena concluso (es. nel 2025 si paga il saldo delle imposte sul reddito 2024).
- Acconto: è un versamento anticipato delle imposte relative all’anno in corso (es. nel 2025 si paga anche l’acconto sulle imposte del 2025).
In pratica, quando arriva la dichiarazione dei redditi, si paga il saldo dell’anno precedente più l’acconto dell’anno in corso.
Tasse con Saldo Acconto: come funziona?
Tutti i contribuenti che pagano le tasse si sono scontrati almeno i primi anni con il problema degli acconti, non capendone appieno il meccanismo. Di fatto, in quasi tutti i moduli F24 da pagare c’è sempre qualcosina in più da pagare rispetto alle previsioni fatte.
Partiamo con il dire che le tasse dei titolari di partita iva sono calcolate partendo dalla dichiarazione dei redditi. Questa è sempre fatta l’anno successivo rispetto all’anno in cui i redditi si sono formati e sono stati percepiti. Cosa significa? Semplice, le tasse che paghi quest’anno (2025) si riferiscono al fatturato dello scorso anno (2024).
La parte più complessa da capire, specie per chi è neofita della partita iva, è la questione acconto. Questo viene spesso e volentieri non ricordato dai contribuenti autonomi.
L’acconto è un importo dei tributi relativi all’anno in corso (2025) e viene puntualmente richiesto da Fisco e INPS in occasione del versamento dei tributi dell’anno precedente.
Ecco perché si chiama meccanismo di tasse con saldo e acconto.
Attraverso il pagamento degli acconti relativi all’anno in corso, il titolare di partita iva anticipa una parte di tasse che dovrebbe pagare con la dichiarazione dei redditi dell’anno dopo. Nella pratica, gli acconti sono pagati entro il 30 giugno (fatte salve rateizzazioni o proroghe) per un valore pari al 50%, ed entro il 30 novembre (fatte salve rateizzazioni o proroghe) per un valore sempre pari al 50%.
In altre parole, sulla base della dichiarazione dei redditi 2025, il contribuente pagherà le tasse sul 2024 ma anche gli acconti sul 2025.
NOTA BENE: il meccanismo tasse con saldo e acconto vale per tutti i titolari di partita iva, siano essi in regime forfettario o in regime semplificato o ordinario.
Il calcolo degli acconti
Abbiamo detto che entro il 30 giugno si paga il 50% degli acconti dovuti, ed entro il 30 novembre il restante 50%. Ma come si determinano i valori degli importi da versare?
Esistono due modalità di calcolo: il metodo storico e il metodo previsionale.
VERSAMENTO ACCONTI: Il metodo storico
Per determinare l’importo da versare relativo agli acconti, si fa riferimento al valore delle tasse da pagare per l’anno precedente.
Esempio
Imposte da pagare derivanti dalla dichiarazione dei redditi 2025: 2.000 euro
Il 50% di 2.000 euro è 1.000 euro (primo acconto sull’anno in corso).
Il 30 giugno bisognerà versare 3.000 euro (2.000+1.000 euro).
il 30 novembre bisognerà versare i restanti 1.000 euro (secondo acconto sull’anno in corso).
VERSAMENTO ACCONTI: Il metodo previsionale
Per determinare l’importo da versare relativo agli acconti, si fa una stima del valore dell’acconto in base al reddito stimato dell’anno in corso.
ATTENZIONE: di fatto è un metodo rischioso, perché in caso di stima errata dell’acconto da versare, si rischierà di pagare delle sanzioni.
NOTA BENE: Nel primo anno di attività non sono dovuti acconti, perché non c’è ancora una base di calcolo. Dal secondo anno, invece, oltre al saldo del primo anno, scatta anche l’acconto per l’anno in corso. Per questo si parla spesso di “due anni in uno”: non perché si paghino imposte doppie, ma perché nel secondo anno si versano sia saldo che acconto.
Il ruolo del commercialista in questa fase risulta essere determinante, in quanto fondamentale effettuare una simulazione del reddito di fine anno e stimare, almeno indicativamente, quanto bisognerà pagare; inoltre per i contribuenti con regime fiscale agevolato occorre verificare il rispetto delle condizioni per la permanenza nel regime.
Come funzionano le Situazioni Contabili di fine anno?
Il punto di partenza per stimare il reddito di fine anno e le imposte da pagare sono le situazioni contabili periodiche aggiornate (ad esempio 30 settembre o 31 ottobre), che forniscono utili informazioni sul fatturato a quella data oltre che all’utile conseguito. A queste situazioni, per determinare il reddito al 31 dicembre, occorre apportare le dovute modifiche considerando che:
- la maggior parte dei costi sono gli stessi per ciascuna annualità;
- i costi variabili, legati all’ammontare dei ricavi o compensi, sono comunque gestibili con buona discrezionalità;
- gli investimenti in beni strumentali variano poco da anno ad anno o, se variano, lo si sa comunque con anticipo, e in ogni caso hanno una scarsa rilevanza nel calcolo dello studio.
Per approfondire questo argomento consultare il post: Situazioni contabili fine anno: ecco perché sono utili
Le simulazioni del reddito a fine anno: a cosa servono?
Attraverso le proiezioni contabili di fine anno è possibile:
- simulare il reddito di fine anno;
- verificare la congruità dei ricavi/compensi rispetto agli studi di settore;
- calcolare la previsione d’imposta in base al reddito presunto;
- verificare l’eventuale permanenza in un regime fiscale agevolato.
E per i contribuenti forfettari?
Non meno importanti sono le previsioni periodiche per i contribuenti forfetTari, in quanto come ben sappiamo, al fine di rimanere nel regime fiscale agevolato, occorre rispettare determinati requisiti.
Con l’utilizzo di situazioni contabili periodiche sarà possibile:
- verificare che non si sia superato il limite di ricavi inferiori ad 85.000 euro;
- controllare che non ci siano spese per collaborazioni superiori alla soglia di € 20.000 annui;
- verificare per i lavoratori dipendenti di avere una CU inferiore a 35.000 euro
Ricordiamo infatti che la violazione di uno dei requisiti comporta il passaggio al regime ordinario e di fatto l’applicazione classica delle imposte con la possibilità di entrarvi nuovamente in un momento successivo.
Le scadenze
L’acconto, di norma, è diviso in due rate:
- 30 giugno: primo acconto (40% o 50% dell’imposta dovuta, a seconda delle regole vigenti e della tipologia di imposta);
- 30 novembre: secondo acconto (la restante parte).
È anche possibile versare l’acconto in un’unica soluzione entro il 30 giugno, se l’importo complessivo non supera i 257,52 euro.
⚠️ Attenzione: ogni anno possono esserci proroghe o eccezioni, quindi è bene verificare di volta in volta.
Cedolare secca: come funzionano gli acconti?
Per chi affitta con cedolare secca, l’acconto si calcola sul 100% dell’imposta dovuta l’anno precedente. L’acconto va versato se l’imposta supera i 51,65 euro:
- se inferiore a 257,52 euro: unica soluzione entro il 30 novembre;
- se superiore: 40% entro il 30 giugno e 60% entro il 30 novembre.
Leggi anche: Contratto cedolare secca: come funziona
Quali codici tributo utilizzare?
Il versamento degli acconti va effettuato utilizzando il modello F24 e indicando nei campi il codice tributo relativo al versamento. Nel dettaglio:
- 4033 primo acconto dell’IRPEF;
- 4034 secondo acconto o la rata unica dell’IRPEF;
- 2001 primo acconto dell’IRES;
- 2002 secondo acconto o la rata unica dell’IRES;
- 3812 primo acconto dell’IRAP;
- 3813 secondo acconto o la rata unica dell’IRAP;
- 3844 per l’addizionale comunale all’IRPEF per il saldo, oppure 3843 per l’acconto;
- 3801 per l’addizionale regionale all’IRPEF;
- 1791 rata unica o secondo acconto dell’imposta sostitutiva dei contribuenti forfetari;
- 1794 rata unica o secondo acconto dell’imposta sostitutiva dei contribuenti minimi;
- 1840: primo acconto cedolare secca;
- 1841: secondo acconto o la rata unica Cedolare secca.
Conclusione
Il meccanismo di saldo e acconto può sembrare complicato, ma con una pianificazione attenta diventa gestibile. È fondamentale sapere che nel secondo anno di attività si pagano sia il saldo dell’anno precedente che l’acconto di quello in corso.
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