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Cos’è e come funziona lo Split Payment

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Sommario

Lo split payment è una regola relativa al versamento dell’IVA che riguarda le aziende con rapporti commerciali verso la Pubblica Amministrazione e le imprese da essa partecipate. Questo significa che le aziende fornitrici della PA quando fatturano devono seguire uno specifico iter relativo al versamento dell’IVA.

Vediamo cos’è e come funziona lo split payment, quando si applica, l’abolizione dello split payment per i liberi professionisti, come funziona il reverse charge e quando ha prevalenza sullo split.

Cos’è e come funziona

Split payment significa letteralmente scissione dei pagamenti. Nella pratica comporta che il versamento dell’IVA sia effettuato direttamente dal cliente e non dal venditore. Normalmente, infatti, quando si acquista qualsiasi qualcosa, il prezzo è comprensivo di IVA e spetta al venditore versarla al Fisco.

ATTENZIONE: lo split payment è una regola che riguarda esclusivamente i rapporti con la Pubblica Amministrazione e non i rapporti tra privati.

Quando si applica lo split payment

Come già detto, lo split payment si applica nei rapporti tra aziende e la Pubblica Amministrazione. Supponiamo che tu abbia una ditta e venda un bene alla Pubblica Amministrazione, per esempio al Comune.

Nella prassi corrente, quando si emette una fattura occorre indicare l’IVA, il Cliente paga il prezzo comprensivo di IVA e il venditore versa l’IVA allo Stato, a seguito della liquidazione IVA.

Questo ragionamento cambia per le fatture emesse verso la Pubblica Amministrazione o a società da questa partecipate. Infatti, in questo caso, l’ente locale non paga l’IVA al proprio fornitore, ma la verserà direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Per verificare la lista dei soggetti obbligati al rispetto dello split payment è possibile consultare il sito del Ministero delle Finanze.

Abolizione scissione dei pagamenti per i professionisti

Per un certo periodo di tempo anche i professionisti che fatturavano alla Pa e società da questa partecipate dovevano emettere fattura con la regola dello Split Payment. Con l’entrata in vigore del decreto Dignità, Dl 87/2018, la situazione è cambiata. Infatti, tale decreto ha escluso i liberi professionisti dal campo di applicazione dello split payment, soprattutto considerando che questa categoria già inserisce in fattura la ritenuta d’acconto.

Per effetto di questa esclusione, un libero professionista (per esempio un avvocato), quando emette una fattura verso la Pubblica Amministrazione deve inserire l’IVA, da riversare all’Agenzia delle Entrate.

Dicitura da inserire in fattura elettronica

Le fatture elettroniche emesse alla Pubblica Amministrazione devono riportare l’apposita dicitura relativa allo split payment:

“Operazione soggetta a split payment – il cedente non incassa l’IVA ai sensi dell’ex art.17-ter del DPR 633/1972, l’acquirente è obbligato al versamento all’Agenzia delle Entrate”

Fattura elettronica PA

Per emettere una fattura elettronica PA con la scissione dei pagamenti occorre inserire nel campo esigibilità IVA la lettera “S“. Per maggiori informazioni sul tracciato consulta il sito fattura elettronica verso la PA.

Reverse charge e split payment

Quando si effettuano prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative agli edifici nei confronti di una PA occorre capire se applicare lo “split” o il meccanismo del “Reverse charge“.

Fondamentale stabilire subito che l’applicazione del Reverse Charge ex lett. a-ter), dell’art. 17, co. 6, del Dpr. n. 633/72 si applica nei confronti dei soggetti passivi d’imposta: il Comune quanto Ente pubblico diventa debitore d’imposta nei soli casi in cui il servizio in questione rientra tra le attività rilevanti ai fini IVA.

Mentre, quando il servizio menzionato (pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento) riguarda attività Istituzionali, essendo considerato il Comune “consumatore finale” deve essere utilizzato lo split payment e non il Reverse Charge. Chiariamo meglio con un caso pratico.

Caso Pratico Split e Reverse

Primo caso.
Supponiamo che il Comune abbia un locale di 50 mq che usa per attività commerciale. L’impresa che effettua le pulizie del locale a un costo preventivato di 500 euro dovrà emettere fattura con il meccanismo del reverse charge riportando la seguente dicitura: “operazione non soggetta ad addebito di IVA, reverse charge ai sensi della lett. a-ter), dell’art. 17, co. 6, del Dpr. n. 633/72.

Secondo caso.
Il Comune ha un locale di 100 mq, di cui 60 mq per svolgere l’attività istituzionale, mentre nei restanti 40 mq svolge l’attività commerciale. Il costo di pulizia per il locale è pari a 1.000 euro. L’impresa di pulizia dovrà emettere una fattura con i seguenti importi:

  • 400 euro rientrano nell’ambito dell’attività commerciale del Comune, quindi sono in reverse charge e con la citata dicitura per il reverse
  • 600 euro rientrano nell’ambito dell’attività istituzionale del Comune, quindi non si applica il reverse charge bensì lo split payment. Quindi l’impresa di pulizia deve inserire in fattura i 600 euro con l’apposita dicitura per lo “split″

Sanzione per la mancata applicazione

La sanzione per la mancata indicazione in fattura dello split payment varia dai 1.000 fino agli 8.000 euro.

Con la circolare n. 27/2017 l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il fornitore dovrà procedere a regolarizzare la fattura emessa senza la dovuta applicazione della scissione dei pagamenti. In particolare il fornitore dovrà:

  1. emettere una nota di variazione IVA ex art. 26, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972
  2. riemettere una nuova fattura con l’applicazione dello split payment

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