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Beni ammortizzabili: cosa sono e come funzionano

SOMMARIO

Acquistare strumenti, attrezzature o macchinari per l’impresa è una necessità costante per chi gestisce un’attività. Ma quando il valore di questi beni supera una certa soglia, non possono più essere considerati semplici spese. Si parla in questo caso di beni ammortizzabili, e la loro gestione incide direttamente sul piano fiscale dell’azienda.
Conoscere il funzionamento dei beni ammortizzabili è fondamentale per ottimizzare la deduzione dei costi, mantenere la contabilità in ordine e affrontare eventuali controlli fiscali con maggiore serenità.

Vediamo quindi cosa sono, come si calcolano, quando si registrano e cosa succede se si omette la loro annotazione.

Cosa sono i beni ammortizzabili

I beni ammortizzabili sono beni strumentali utilizzati nell’ambito dell’attività d’impresa o professionale. Hanno una caratteristica specifica: il loro costo non può essere dedotto tutto in un unico anno, ma va ripartito su più esercizi.

Questo perché si tratta di beni che producono effetti economici duraturi nel tempo. In genere, si considerano beni ammortizzabili quelli:

  • acquistati per l’attività
  • con utilità pluriennale
  • con un valore superiore a 516,46 euro (al netto dell’IVA per i soggetti IVA)

Il motivo della deduzione pluriennale è semplice: sarebbe scorretto, dal punto di vista fiscale, scaricare tutto il costo in un solo anno se il bene è destinato a generare ricavi per più anni.

Esempi di beni ammortizzabili

Tra i beni ammortizzabili rientrano:

  • computer, stampanti, server
  • arredi per ufficio o laboratorio
  • macchinari e impianti
  • veicoli aziendali
  • fabbricati strumentali (in parte ammortizzabili)
  • attrezzature tecniche

Come funziona l’ammortamento fiscale

Il processo di ammortamento serve a ripartire il costo di un bene su più anni, in base a percentuali predeterminate dalla normativa.

Ogni bene ammortizzabile è associato a un coefficiente di ammortamento, stabilito da apposite tabelle ministeriali (DM 31 dicembre 1988), differenziate per categoria merceologica e settore di attività.

Esempio pratico di ammortamento

Supponiamo che una SRL acquisti un computer del valore di 1.500 euro.

Dalla tabella ministeriale risulta che i “computer e sistemi elettronici” hanno un coefficiente di ammortamento pari al 20%. Questo significa che ogni anno si può dedurre il 20% del valore del bene:

  • 1° anno: 300 euro
  • 2° anno: 300 euro
  • 3° anno: 300 euro
  • 4° anno: 300 euro
  • 5° anno: 300 euro

Dopo cinque esercizi contabili, il bene risulta ammortizzato al 100%.

L’ammortamento è sempre uguale per tutti?

No. I coefficienti cambiano in base:

  • al tipo di bene
  • al settore di attività (industria, artigianato, commercio)
  • alla categoria catastale per gli immobili
  • alla tipologia contrattuale (beni nuovi o usati)

Inoltre, nel primo anno è ammesso solo il 50% della quota annuale, salvo specifiche deroghe.

La registrazione nel libro cespiti

I beni ammortizzabili devono essere annotati nel cosiddetto libro cespiti ammortizzabili. È un registro contabile, cartaceo o digitale, in cui si riportano i dati fondamentali del bene.

Quali dati vanno inseriti nel libro cespiti

Per ogni bene, vanno indicati:

  • descrizione del bene
  • costo di acquisto
  • data di acquisto
  • coefficiente di ammortamento
  • quota ammortizzata ogni anno
  • quota complessiva ammortizzata
  • eventuali rivalutazioni, svalutazioni o dismissioni

Questa registrazione è fondamentale per monitorare lo stato di ammortamento dei beni e gestire correttamente le scritture contabili.

La registrazione è obbligatoria?

Sì, ma la sua assenza non comporta automaticamente la perdita della deducibilità. Lo ha chiarito anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 34174/2022. In caso di mancata annotazione, è comunque possibile dedurre il bene, purché l’impresa sia in grado di fornire tutti i dati richiesti dal registro.

Detto questo, è altamente raccomandato compilare e tenere aggiornato il libro cespiti, sia per motivi di trasparenza fiscale sia per evitare contestazioni.

Regime ordinario e regime forfettario: cosa cambia

Nel regime forfettario, i beni ammortizzabili non danno diritto a deduzioni fiscali, perché la determinazione del reddito avviene in modo forfettario. Le spese sostenute non incidono sul reddito imponibile: si applica un coefficiente di redditività legato al codice ATECO.

Pertanto, anche se il professionista acquista un bene strumentale di alto valore, non potrà dedurre alcuna quota di ammortamento.

Nel regime ordinario, invece, l’ammortamento è una delle leve più importanti per pianificare la fiscalità e ottimizzare la base imponibile.

Domande frequenti sui beni ammortizzabili

Cosa succede se vendo un bene ammortizzabile prima del termine?
Devi stornarlo dal libro cespiti e calcolare la plusvalenza o minusvalenza, che confluisce nel reddito dell’anno.

Si possono ammortizzare beni usati?
Sì, ma in alcuni casi si applicano coefficienti ridotti o personalizzati.

Se utilizzo il bene solo in parte per l’attività, posso dedurre tutto?
No, in tal caso la deduzione è proporzionale all’uso professionale dichiarato.

Posso dedurre beni inferiori a 516,46 euro?
Sì, ma non si ammortizzano: si deducono interamente nell’anno di acquisto.

Perché è importante gestire bene i beni ammortizzabili

Registrare correttamente i beni ammortizzabili è molto più di un adempimento burocratico. Una gestione ordinata consente di:

  • dedurre correttamente i costi nel tempo
  • pianificare gli investimenti aziendali
  • proteggersi in caso di controlli fiscali
  • monitorare il patrimonio aziendale nel tempo

Molti imprenditori sottovalutano l’importanza del libro cespiti, ma in realtà è uno strumento prezioso sia dal punto di vista contabile che fiscale. E con l’evoluzione della normativa, può diventare anche un elemento di difesa efficace nei confronti dell’amministrazione finanziaria.