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Risparmiometro: cos'è e come funziona il nuovo controllo sui conti correnti

Risparmiometro: cos’è e come funziona il nuovo controllo sui conti correnti

SOMMARIO

Nastro di partenza per i nuovi controlli sui conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ecco a voi il Risparmiometro!

A seguito del via libera del Garante della Privacy, l’Agenzia delle Entrate ha avviato i nuovi controlli sui conti correnti, il c.d. Risparmiometro. Al via i controlli per il 2013 e 2014, incluse le società.

Risparmiometro: cos’è?

Definito anche il ‘grande fratello fiscale’, trattasi di una banca dati contenente i dati relativi i conti correnti degli italiani. Le banche non hanno più segreti per il Fisco. Introdotto nel 2012 con il decreto Salva-Italia dal governo Monti, consentirà all’Agenzia delle Entrate di verificare i conti correnti di tutti gli italiani, per scovare eventuali incongruenze con i redditi dichiarati.

In altre parole, è possibile definirlo come un controllo anti-evasione basato su principi simili a quelli utilizzati per il redditometro. La differenza tra i due strumenti riguarda i dati analizzati. Il redditometro è basato sulle spese effettuate e mira a verificare la congruità tra quest’ultime e le entrate dichiarate. Nel risparmiometro, invece, il confronto è effettuato tra le entrate dichiarate e i risparmi di ciascun contribuente. Una crescita anomala del conto in banca, rilevata da uno specifico algoritmo, potrebbe far scattare un controllo anti-evasione da parte del fisco.

La sperimentazione sul Risparmiometro dell’Agenzia delle Entrate è partita per l’anno 2013 ed è stata ampliata al periodo d’imposta 2014. Nel mirino del fisco entreranno non solo le persone fisiche, ma anche i titolari di partita Iva e le società.

Risparmiometro: come funziona?

Dall’entrata in vigore del decreto Monti nel 2011, le banche e tutti gli operatori finanziari sono tenuti a comunicare al fisco il saldo del conto corrente. A questo punto per l’Agenzia delle Entrate applicare l’algoritmo è semplice. È sufficiente confrontare la giacenza dei conti correnti con i redditi dichiarati e, in base alla differenza, potrebbe scattare il controllo.

Quando la differenza è rilevante, ovvero quando si ha uno scostamento superiore al 20% tra quanto dichiarato e quanto tenuto sul conto corrente, l’Agenzia delle Entrate avvia un controllo. Per il fisco, infatti, una differenza superiore al 20% è considerata “sospetta”.

Di seguito alcuni esempi per comprendere meglio come funziona il risparmiometro.

Conto senza prelievi: indice di redditi percepiti in nero

Partendo dal presupposto che una data cifra deve essere necessariamente spesa mensilmente per la sussistenza, un conto corrente senza alcun prelievo potrebbe indicare che il contribuente ha ulteriori redditi percepiti in contanti e non dichiarati.

ESEMPIO. Un lavoratore dipendente con uno stipendio netto mensile pari a 1.200 euro accreditati su un conto corrente. Il lavoratore non ha effettuato alcun prelievo dal conto corrente in quanto ha anche un lavoro in nero percepito in contanti. L’idea di utilizzare il denaro non dichiarato per le esigenze quotidiane potrebbe, tuttavia, rivelarsi sbagliata. Infatti, l’Agenzia delle Entrate potrebbe avviare un accertamento anti-evasione a seguito dell’incremento anomalo dei risparmi.

Risparmi senza redditi dichiarati

Un contribuente che non lavora e vive di rendita a seguito di una generosa donazione dei genitori di 200.000 euro. L’Agenzia delle Entrate, non avendo redditi dichiarati, potrebbe avviare un controllo anti-evasione per un incremento dei risparmi a fronte di un reddito dichiarato pari a zero.

Quali dati controlla il risparmiometro?

Non solo i conti correnti finiscono nell’algoritmo del riparmamiometro, ma tutti i titolari dei seguenti rapporti finanziari:

  • Conti deposito
  • Carte di credito
  • Titoli di stato
  • Obbligazioni
  • Azioni
  • Rapporti fiduciari
  • Polizze assicurative
  • Fondi pensione
  • Fondi di gestione collettiva del risparmio
  • Libretti postali
  • Buoni fruttiferi

Come difendersi dal risparmiometro

Quando l’Agenzia delle Entrate effettua un controllo anti-evasione il contribuente può spiegare le proprie motivazioni nella prima fase che prevede un contradditorio preventivo. In questa fase il contribuente dovrebbe fornire le prove materiali che i suoi risparmi non provengono da ricavi non dichiarati.

Se le ragioni del contribuente non sono convincenti per il fisco, si apre un accertamento fiscale vero e proprio, ossia un controllo più approfondito volto a verificare la situazione del contribuente.

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