Il Commercialista Online

False Partita IVA: cosa sono e quali le sanzioni

False Partita IVA: cosa sono e quali le sanzioni

SOMMARIO

“Cosa succede se apro partita IVA per collaborare con un solo committente? Quali sono i requisiti delle false partita IVA?”

Questa è una tipica domanda che ci viene posta dalle “false partita IVA“, ovvero da coloro che si trovano in quelle situazioni che celano un vero e proprio rapporto dipendente anziché una vera e propria attività di lavoro autonomo.

Con il Jobs Act il Governo ha avviato un importante progetto di revisione della normativa in materia di lavoro. Tale revisione ha comportato tra l’altro la modifica di alcune misure esistenti per contrastare il lavoro nero tra cui la disciplina relativa alla presunzione di lavoro subordinato.

Viste le numerose domande che ci vengono poste sull’argomento, con particolare riguardo alle sanzioni, abbiamo deciso di dedicare un post per capire cosa si intende per presunzione di subordinazione e come è sanzionata la “Falsa Partita IVA“.

False partite IVA: come funziona la presunzione di lavoro subordinato?

La Legge n. 92/2012 ha introdotto la presunzione di lavoro dipendente in base alla quale, in presenza di determinati requisiti, le prestazioni svolte da un titolare di partita IVA, in assenza di prova contraria, sono considerate rapporti di lavoro dipendente.

Normalmente, tali prestazioni possono essere definite come “esclusivamente personali, continuative, ripetitive e organizzate dal committente rispetto al luogo e all’orario di lavoro”.

La conseguenza consiste nella riqualificazione del rapporto come lavoro dipendente. Di conseguenza il committente rischia di veder convertire il rapporto in essere in lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Quali le irregolarità contestate per le false partita IVA?

In caso di controllo, quando viene contestato il rapporto di collaborazione come “falsa partita IVA”, le irregolarità riscontrate riguardano principalmente:

  • da un lato, un datore di lavoro che si avvale della collaborazione di lavoratori autonomi come se fossero dei propri dipendenti senza però sostenerne gli oneri contributivi e assicurativi derivanti da un rapporto di lavoro subordinato;
  • dall’altro, un lavoratore autonomo che utilizza la partita IVA esclusivamente per svolgere un’attività subordinata, senza però godere delle tutele riconosciute ai lavoratori dipendenti.

False partita IVA: i requisiti

Secondo l’art. 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 si configura una presunzione di subordinazione quando ricorrono almeno due delle seguenti condizioni:

  • la durata della collaborazione con lo stesso committente è superiore ad otto mesi in 2 anni (c.d. criterio temporale);
  • il fatturato del lavoratore autonomo, in due esercizi consecutivi, deriva per l’80% dai compensi ottenuti dallo stesso committente (c.d. criterio del fatturato);
  • il lavoratore autonomo presta il lavoro in un posto fisso stabilito dallo stesso committente (c.d. criterio organizzativo).

False partita IVA: quali i casi esclusi?

Non rientrano nella disciplina delle false partite IVA le seguenti attività lavorative:

  • effettuate da professionisti iscritti in appositi albi di appartenenza,
  • svolte per associazioni sportive dilettantistiche,
  • prestate dai componenti di organi di amministrazione e controllo di società o per collaborazioni previste dal CCNL e quelle indicate all’art.2 comma 1 del D.Lgs. 81/2015.

False partita IVA: Quali sono le sanzioni?

Se gli organi ispettivi contestano un contratto di collaborazione riscontrando un rapporto di lavoro dipendente, in assenza di prova contraria, si configura un illecito amministrativo, fiscale e contributivo per cui il soggetto committente è passibile di sanzioni e il lavoratore autonomo viene considerato un lavoratore dipendente a tempo indeterminato.

Tuttavia, dal 1 gennaio 2016 lo stesso Jobs Act ha introdotto la possibilità di estinguere l’illecito amministrativo, contributivo e fiscale per quei datori di lavoro che assumono con un regolare contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato i lavoratori autonomi titolari di partita IVA che hanno svolto presso di essi collaborazioni che possono configurarsi come presunzione di subordinazione. È richiesto però che il datore di lavoro non cessi il rapporto prima dei dodici mesi ad eccezione dei casi di licenziamento per giusta causa.

Come difendersi dalla presunzione di lavoro subordinato?

La normativa riconosce la possibilità per il committente di provare che la collaborazione instaurata con il lavoratore autonomo non rientra nella fattispecie delle false partita IVA e che quindi non si configura alcun tipo di illecito.

Il Ministero del Lavoro non ha chiarito se la prova contraria possa essere fornita anche dal titolare di Partita IVA. In ogni caso occorre dimostrare l’inesistenza degli elementi della continuità e di subordinazione.

Richiedi una consulenza skype con i nostri professionisti! E se decidi di aprire la partita iva con noi, le pratiche di StartUp sono comprese!

Il servizio è molto semplice ed è rivolto artigiani, freelance e a tutti i tipi di società.

Abbiamo pensato ad un’OFFERTA SPECIALE per chi apre partita IVA.