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Aprire la partita IVA e fatturato zero

Partita IVA: Cosa Succede Se Non Fatturo Nulla?

SOMMARIO

Hai intenzione di aprire Partita IVA ed hai mille dubbi sui costi fissi? Cosa succede se non riesci a generare fatturato?

Vorresti aprire una partita Iva, ma sei preoccupato sui costi annuali da sostenere, è bene precisare che per aprire la partita Iva, di per sé, non comporta costi, né di apertura, né per chiuderla. Tuttavia per evitare brutte soprese vediamo quali sono gli obblighi anche con fatturato zero.

Partita IVA: cosa succede se fatturo zero?

Anche se il guadagno della partita iva è zero, occorrerà sempre:

  • presentare la dichiarazione dei redditi annuale, anche se fatturi zero;
  • tenere la contabilità (i cui costi dipendono dal commercialista che si occupa degli adempimenti e dal regime fiscale che hai scelto);
  • versare i contributi INPS ovvero i contributi alla propria cassa di previdenza se esiste (attenzione, i professionisti iscritti alla Gestione Separata Inps che non hanno fatturato non hanno l’obbligo di versare i contributi INPS);
  • versare il diritto camerale per coloro che sono iscritti alla CCIAA o eventuali quote di iscrizione annuale all’albo di appartenenza;
  • considerare gli costi accessori che dipendono dal tipo di attività esercitato.

Vediamo di seguito quali sono i principali costi che comporta l’apertura di una partita IVA come libero professionista o come ditta individuale.

Aprire partita IVA come ditta individuale: quali sono i costi con fatturato zero?

Ogni attività ha “costi fissi” che comunque devono essere versati a prescindere da quello che sarà il fatturato della neo attività. E più precisamente:

  • Diritto annuale Camera di Commercio di circa 56 euro – solo per le Ditte individuali
  • Contributi fissi INPS sul minimale pari ad euro 3.599,03 euro per un utile fino ad euro 15.548. Attenzione, se si adotta il regime forfettario è possibile richiedere una riduzione contributiva pari al 35%. Per effetto dello sconto i contributi fissi scendono ad euro 2.400 circa all’anno (N.B. lavoratore dipendente a tempo indeterminato fintanto che l’attività prevalente sia in termini di ore che economici resta quella da dipendente resta esonerato dal versamento dei contributi INPS e non è tenuto ad iscriversi alla Gestione commercianti INPS cfr. Partita IVA e Lavoro Dipendente: Possono Convivere?).

Per scoprire come richiedere la riduzione dei contributi inps consultare il nostro post di approfondimento Riduzione contributi INPS regime forfettario.

Aprire partita I V A come libero professionista: cosa devo versare comunque anche se non fatturo nulla?

Per coloro che si accingono ad avviare una nuova attività come liberi professionisti i “costi fissi” sono legati esclusivamente all’appartenenza ad uno specifico ordine professionale ovvero ai contributi fissi dovuti alla Cassa di appartenenza (ad esempio un consulente aziendale non avrà alcuna spesa fissa né per l’iscrizione ad albi né per i contributi previdenziali essendo assoggettato alla gestione separata INPS che non prevede contributi fissi bensì un contributo a percentuale calcolato sul reddito).

Partita IVA ordinaria: Quali sono le imposte che occorre versare ogni anno?

Questa è una delle domande che più di frequente attanaglia tutti coloro che si accingono all’apertura partita iva senza optare per il regime forfettario.

Se scegli il regime fiscale ordinario in contabilità semplificata il tuo reddito reddito (ovvero ricavi meno costi inerenti l’attività) sarà assoggettato all’IRPEF (l’imposta sul reddito delle persone fisiche). Trattasi di una imposta ad aliquote screscenti e scaglioni; più precisamente per un reddito:

  • sino a 15.000 euro, l’imposta è pari al 23% del reddito imponibile;
  • oltre i 15.0001 e fino a 28.000, 27%;
  • da euro 28.001 a 55.000, 38%;
  • da 55.001 a 75.000, 41%;
  • oltre 75.001, 43%.

Dunque, se hai optato per il regime fiscale ordinario con un reddito di euro 25.000 al netto di contributi previdenziali e spese, verserai a titolo di IRPEF euro 23% sui primi 15.000 euro di reddito, pari a 3.450 euro d’imposta, ed il 28% sui restanti 10.000 euro, pari a 2.800 euro d’imposta, per un totale Irpef di 6.250 euro. Potrai però applicare una detrazione sul reddito da lavoro autonomo, che si determina con la seguente espressione: 1.104*(55.000-reddito imponibile)/50.200. Inoltre, dovrai versare le addizionali comunali e regionali e se dovuta l’IRAP.

Purtroppo non è facile determinare preventivamente le imposte da versare ma è tuttavia possibile fare delle previsioni più o meno attendibili sulla base di una serie di fattori come fatturato, regime fiscale, oneri detraibili e deducibili, etc..

Quali i costi del commercialista per la tenuta della contabilità?

Il costo per la tenuta della contabilità varia a seconda del luogo in cui l’attività è esercitata (un commercialista a Roma costa meno di un commercialista a Milano), del regime fiscale utilizzato, degli adempimenti eventualmente dovuti ad una determinata categoria, e naturalmente del fatturato.

Ad esempio, i costi con il commercialista online si aggirano intorno ai 600/700 euro annui per i contribuenti forfettari, circa 1.000 euro per professionisti in contabilità semplificata con un volume d’affari basso. Il tutto aumenta, ovviamente, se trattasi di attività con dipendenti e collaboratori.

Una volta aperta la partita IVA come funziona per le dichiarazioni se non fatturo nulla?

Nel momento in cui viene aperta una partita IVA occorre comunque presentare tutte le dichiarazioni fiscali obbligatorie come ad esempio il modello UNICO al fine di evitare salate sanzioni.